Dottore di ricerca in Storia contemporanea presso Sapienza - Università di Roma e cultore della materia presso l’Università della Calabria. Ha pubblicato due monografie: La rivolta di Reggio (Rubbettino, 2009) e Prefetti in terra rossa (Rubbettino, 2012). Fa parte della redazione di «Daedalus», «Giornale di Storia Contemporanea» e «Historia Magistra» e del Comitato scientifico dell’Istituto calabrese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea. Si occupa di conflittualità e ordine pubblico, movimenti e culture politiche, identità territoriali e populismo.
La rivolta di Reggio Calabria è uno dei moti di protesta più significativi della storia dell'Italia unita, per durata e intensità: diversi mesi di guerriglia urbana e di repressione poliziesca, con frequente uso del tritolo e delle armi da fuoco, centinaia di feriti e cinque morti.
Essa fu innescata nel luglio 1970 dalla disputa tra Reggio e Catanzaro per il titolo di capoluogo del nascente ente Regione, che ne fu l'imprescindibile motivo originario. La rivendicazione reggina fu sostenuta con riunioni, comizi, cortei e scioperi, promossi da esponenti locali della Democrazia cristiana, alla guida del Comune e della Provincia. Accanto a essi si schierarono progressivamente membri dei partiti laici di governo, del Movimento sociale italiano, del sindacato e dell'associazionismo (cattolici, in particolare) e della Chiesa. Il Partito socialista italiano e il Partito comunista italiano, pur con qualche dubbio, non aderirono alla protesta, basata su un trasversale senso di appartenenza territoriale che assunse la forma di blocco socio-politico localistico.