4. Alle origini dello stragismo
Sottotitolo
Il 1969 era stato segnato da uno stillicidio di attentati (ben 145), in un crescendo di gravità che culmina con la Strage di piazza Fontana e le altre bombe collocate tra Milano e Roma il 12 dicembre 1969. È la prima di una serie di stragi.
Un elenco a cui dobbiamo aggiungere gli attentati falliti per un soffio.
Tutte queste stragi hanno matrice neofascista. In particolare, decenni di inchieste hanno messo in evidenza ruolo centrale delle sezioni venete di Ordine nuovo e dei gruppi gravitanti nella sua galassia eversiva (Ordine nuovo è stato riconosciuto responsabile di piazza Fontana, uno dei suoi “reggenti”, Carlo Maria Maggi, è stato condannato per la Strage di Brescia, e anche Gianfranco Bertoli, il sedicente anarchico responsabile della Strage alla Questura di Milano, secondo le inchieste avrebbe avuto contatti con l’estrema destra ordinovista). Inchieste e processi hanno confermato inoltre la costante dei depistaggi, messi in atto, in particolare, da personale Polizia politica (uffici politici delle Questure e Ufficio Affari riservati del Viminale), dai servizi segreti dell’epoca (prima il SID, poi il SISMI) e da settori dell’Arma dei Carabinieri. Sono emersi inoltre collegamenti stabili e documentati tra le forze di sicurezza e i terroristi di estrema destra. I terroristi neri miravano a un vero e proprio golpe, mentre chi li coprì, depistando le indagini, sembrava perseguire invece una semplice stabilizzazione del potere politico.
Il disegno complessivo risulta ormai chiaro: le stragi sono stata la risposta violenta allo spostamento a sinistra dell’asse politico e della società. Come scrisse Aldo Moro, quando era prigioniero delle Brigate rosse nel 1978: «La cosiddetta strategia della tensione ebbe la finalità, anche se fortunatamente non conseguì il suo obiettivo, di rimettere l’Italia nei binari della “normalità” dopo le vicende del '68 ed il cosiddetto autunno caldo».
La ricerca storica ha ormai fatto propria, con largo consenso, l’espressione strategia della tensione, coniata dalla stampa britannica subito dopo piazza Fontana, con cui si intende, in senso lato, l’uso strumentale di stragi e attentati (non rivendicati) per condizionare il clima politico e sociale, generalmente in senso anticomunista.
Allo stragismo s’intreccia l’escalation del terrorismo rosso.
Continua a leggere 5. Genesi ed escalation del terrorismo rosso
Il disegno complessivo risulta ormai chiaro: le stragi sono stata la risposta violenta allo spostamento a sinistra dell’asse politico e della società. Come scrisse Aldo Moro, quando era prigioniero delle Brigate rosse nel 1978: «La cosiddetta strategia della tensione ebbe la finalità, anche se fortunatamente non conseguì il suo obiettivo, di rimettere l’Italia nei binari della “normalità” dopo le vicende del '68 ed il cosiddetto autunno caldo».
La ricerca storica ha ormai fatto propria, con largo consenso, l’espressione strategia della tensione, coniata dalla stampa britannica subito dopo piazza Fontana, con cui si intende, in senso lato, l’uso strumentale di stragi e attentati (non rivendicati) per condizionare il clima politico e sociale, generalmente in senso anticomunista.
Allo stragismo s’intreccia l’escalation del terrorismo rosso.
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