Fondatore con Anna Puglisi del Centro siciliano di documentazione “Giuseppe Impastato” di Palermo, il primo centro studi sulla mafia sorto in Italia nel 1977. È uno dei massimi studiosi a livello internazionale di questioni legate a poteri criminali, mercati illegali, rapporti tra economia, politica e criminalità. È autore di numerosi saggi in materia.
Nel pianoro a metà strada tra i comuni di Piana degli Albanesi, San Giuseppe Jato e San Cipirello, in provincia di Palermo, la festa del 1° maggio 1947, a cui partecipavano migliaia di persone, fu interrotta da una sparatoria che, secondo le fonti ufficiali, causò 11 morti e 27 feriti. Successivamente, per le ferite riportate, ci furono altri morti [I morti di Portella]. I dati sui feriti variano da 33 a 65.
I contadini dei paesi vicini erano soliti radunarsi a Portella della Ginestra per la festa del lavoro già ai tempi dei Fasci siciliani, per iniziativa del medico e dirigente contadino Nicola Barbato, che era solito parlare alla folla da un podio naturale che fu in seguito denominato "sasso di Barbato". La tradizione venne interrotta durante il Fascismo e ripresa dopo la caduta della dittatura. Nel 1947 non si festeggiava solo il primo maggio ma pure la vittoria dei partiti di sinistra raccolti nel Blocco del popolo nelle prime elezioni regionali svoltesi il 20 aprile. Sull'onda della mobilitazione contadina che si era andata sviluppando in quegli anni le sinistre avevano ottenuto un successo significativo, ribaltando il risultato delle elezioni per l'Assemblea costituente. La Democrazia cristiana era scesa dal 33,62% al 20,52%, mentre le sinistre avevano avuto il 29,13% (alle elezioni precedenti il Psi aveva avuto il 12,25% e il Pci il 7,91%).
La campagna elettorale era stata abbastanza animata, non erano mancate le minacce e la violenza mafiosa aveva continuato a mietere vittime. Il 1947 era cominciato con l'assassinio del dirigente comunista e del movimento contadino Accursio Miraglia (4 gennaio) e il 17 gennaio era stato ucciso il militante comunista Pietro Macchiarella; lo stesso giorno i mafiosi avevano sparato all'interno del Cantiere navale di Palermo. Alla fine di un comizio il capomafia di Piana Salvatore Celeste aveva gridato: «Voi mi conoscete! Chi voterà per il Blocco del popolo non avrà né padre né madre» e la stessa mattina del primo maggio a San Giuseppe Jato la moglie di un «qualunquista truffatore» - come si legge in un servizio del quotidiano «La Voce della Sicilia» - aveva avvertito le donne che si recavano a Portella: «Stamattina vi finirà male», e a Piana un mafioso non aveva esitato a minacciare i manifestanti: «Ah sì, festeggiate il 1° maggio, ma vedrete stasera che festa!» (in Santino 1997, p. 150). Eppure nessuno si aspettava che si arrivasse a sparare sulla folla inerme, ormai lontana la memoria dei Fasci siciliani e dei massacri successivi.